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DI MONSIGNOR ANTONIO AGOSTINO

AL P. Fr. ONOFRIO PANVINIO.

Reverend

I.

everendo Padre mio suaviss. Jeri ebbi la seconda lettera vostra e mi dispiacque molto di saper la vostra malattia, ma mi piacque della nuova della convalescenza. Attendete di grazia a conservar la salute, poichè senza essa non si vive ne si gode cosa veruna. Che si smarisse la mia lettera mi fu discaro: pure ridirò in questa quanto mi ricorderò, perchè non mi restò copia da mandarvi adesso. Desideravo e desidero molto più dopo questa altra vostra, che mi facesti copiare quanto si trova in quelli concilj non stampato, presertim la terza ed ottava Sinodo di Anastasio, e condanatemi in quanti denari per questo vi parrà, che mi sarà carissimo. Se si potesse ancora conferir un libro stampato con quelli antichi esemplari, saria un gran guadagno e V. S. giovaria più li comuni studj, che in far resuscitar dieci papi, e mille cardinali: in queste due cose spenderò volentieri il mio peculio. Date la cura a persona diligente, e pigliate li demari sopra di me.

Quanto al libro del nostro arcidiacono Pacifico, se negli autori che cita trovate che esso abbia avuto più libri di noi, potreste farlo stampare, o copiar; che non c'è libro tanto tristo di antichi, che non giovi, come dice Plinio Nepote. Delle cose di papi e cardinali non ho che dirvi, non mi essendo venuta risposta di quel amico che andò in Valenza. Solamente di colui di casa Margarito Cardinale, mi venne un'arma, la quale vi mandava nell'altra mia, e l'ho fatta in margine di questa; son tre gioje d'oro circondate di otto perle bianche, ovvero d'argento in campo rosso. Padre Ottavio (Pantagato) sta bene, e mi ricorda spesso di voi, ed il Faerno vi saluta con ricordarvi di esemplari d'antichi autori, che ne diate avviso, ovvero facciate scontrarli dove si troveranno.

Vi diceva nell'altra mia che baciaste la mano di vostro padrone in nome mio per le sue lettere, e amorevolezza sempre mostratami, offerendomi a non essergli ingrato de' beneficj avuti, e sperando di averli maggiori per fargli maggiori servizj colla occasione che io desidero; e scusandomi di non scriverli per li tempi. Quest'offizio desidero tanto più avendo dopo l'altra mia avuto altra letttera di S. S. Ill.ma e mi pare esser gran discortesia la mia non dimostrarli quanto mi sia onorata e cara cosi larga abbondanza di favore. Fate quest' offizio, pa

dre mio, con quel calore che siete solito, poichè vedete quanto è necessario, non che utile ed onesto. Gli vostri fasti gode P. Ottavio fin tanto che gli scriverete a chi li debba render. Il Varrone tandem aliquando è finito: se non fosse troppo fastidio al portatore vi manderia qualcuno. Don Basilio (Zanchi) mi stimula che mandi il testo: staremo a vedere che stato pigliano questi cervelli di Principi, poichè vogliono colle sue pazie metter sottosopra li buoni pensieri di sua Santità, e dubito che in Lombardia sarete i primi a patire, e di qua i primi ed ultimi. Sit nomen Domini benedictum. Tutti gli amici vi salutano, ed io con tutto il cuore. In Roma alli XVI. di Genaro 1557.

I fasti greci non ho riavuto, di grazia avvisatemi chi li abbia. Le vostre scritture stanno salve presso di me eccetto quelle che vi mandai.

Tutto di V. S. Antonio Agostino.

Mastro Paolo vostro (Manuzio) ha una medaglia di bronzo di Aureliano, che ha nel rovescio una faccia d'un giovane laureato e togato con queste lettere VABALATHVS VCRIIVIDR. Io ho pensato che sia costui figliuolo di Zenobia, il quale Spartiano chiama Balbatus, e in un libro antico dice Babalatus. Le altre lettere desidero intendere che significano. Per certe altre parole di quell'autore

dubitai se fosse Ulpio Crinito convenendosi ancora

quel VCRI; pure mi par più chiaro quel altro nome, e la faccia di giovene più convenirsi all' altro, perchè Crinito era di assai età. Se vi soviene altro, datemi avviso.

Meser Achile Mafeo e M. Benedetto Egio mi hanno mostro un Giustiniano d'oro con una Vittoria dietro con queste lettere VICTORIA AVGGG, Dubitiamo che siano tre Augusti. Io penso che siano Giustino II e Thodora Augusta ovvero Sophia. Se sapete altro avvisateci. Il CONOB. ovvero COMOB. che si vede in molte medaglie d'oro penso che significhi Constantinopoli Obryzatus solidus, ovvero Comanis Obrizatus, secondo il luogo dove fu battuto, ed ho certe leggi di imperatori bassi, che mostrano di quel obryzato doversi fare le monete d'oro migliori con la faccia imperiale. Questi sono gli nostri trastulli dum licet. Iterum vale,

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Reverendo

II.

everendo Padre carissimo. Tre lettere vostre ho ricevuto dopo l'altra mia, e per diverse occupazioni non vi rispondo a tutte, eccetto all'ultima di XII del presente mandandovi quello che addimandate di Gulielmo Tyrio. Quanto all'officio con Monsignor Illustrissimo vi ringrazio infinito, e bacio la mano di S. S.ia R.ma Delli fasti greci desidero che pensate come potrò ricuperar la seconda parte, perchè la prima ho trovata, e mi pare che V. P. mi disse averla prestata ad uno, che me la renderia presto. Attendete nello scrivermi che potrà la vostra lettera esser letta da molti. Il Varrone darò al nostro. State sano e felice. In Roma alli XX. di Febraro del LVII. ›

Tutto di V. S. Antonio Agostino

III.

Reverendo

everendo Padre carissimo. La vostra dubitazione è senza gran difficoltà, mentre che state assente dal monastero con licenza del vostro superiore in abito di religioso, di modo che non essendo apostata potete ottener di fuora quello che potete di dentro: con licenza di S. S. ogni cosa e pen

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