pia meccanica, debbonsi rimettere alle corrispondenti fabbriche qualora abbisognano di qualche ristauro. In mezzo a tanta sfavorevole condizione, opportuno compariva per la prima volta nella Esposizione del 1844 il sig. Corvo, proprietario napolitano, il quale essendosi addetto alla costruzione delle arpe, una ne metteva in mostra munita di pedali, e men lodevole per la bontà del lavoro, che per il timbro del tuono. Onde il Reale Istituto d' Incoraggiamento nel rimeritarne il valente costruttore con medaglia d'oro, fondate speranze concepiva di vederlo un giorno fabbricante di un istrumento per quanto antico altrettanto dilettevole ed armonioso. Tale aspettazione non veniva delusa; imperocchè nella presente mostra egli esponeva un novello lavoro, che vieppiù deponeva del suo non comune artistico merito, cioè un' Arpa a doppia meccanica, la quale per bontà di tuo no, per esattezza de' doppii semitoni, pel gotico disegno, e per i belli ornati dorati, avrebbe potuto decorosamente sostenere il paragone con un'arpa del rinomato Erhard. E ciò che più torna a maggior lode del sig. lode del sig. Corvo è, che tutti i pezzi di ottone all'uopo occorsi erano stati lavorati al tornio da lui medesimo con ogni perfezione d'arte. Il costo di questo istrumento era di ducati cinque cento. Di non poca lode perciò, e d'incoraggia mento crediamo meritevole il sig. Corvo; che anzi ai voti del Reale Istituto i nostri ancora aggiungiamo, di vederlo cioè capo di un opificio, per darci abili allievi degni di lui. Violoncella del signor Vincenzo Breazzano. in Foggia, esibiva un suo Violoncello di armoniosa voce, ma difettoso alquanto nel manico, per averlo costrutto di diametro un po' stretto, e quindi poco atto alle grandi agilità. Questo però non toglieva al Breazzano il merito di aver costrutto un buono istrumento. Pianoforte del signor Carlo De Meglio. Le sale delle nostre pubbliche Esposizioni giammai sono state tanto copiose di piano-forti quanto nella presente. Ve n' erano non meno di ventiquattro tra grandi e piccoli, oriz zontali e verticali, e di ogni più ricercato sistema; ed al vantaggio del numero, l' altro più apprezzabile si aggiungeva del merito. In proposito di questo interessantissimo istrumento, divenuto oramai di un uso generale, supplendo ad un intero orchestra, ben riflettea il Socio relatore del Reale Istituto, che da quasi mezzo secolo divise sono le opinioni se nel costruirlo debba seguirsi il metodo inglese, tedesco, o francese. « Si ascriveva un tempo a fortuna il possedere un pianoforte di Corrado Graff tedesco, che sopratutto toccava il primato. Progredendo l'uomo, quasi diremo a giganteschi passi, nel campo musicale, mosso dal grande sviluppo che la musica faceva, si vide in obbligo dover ricorrere ad altri meccanismi di maggior forza, e di più complicate costruzioni. Quindi il semplice ma severo meccanismo del rinomato Graff, e di ben altri autori sì nostri come stranieri, trovò più grandioso e sonoro sviluppo nelle fabbriche, che oggi giorno mcnano grido in Europa, de' Pleyel, e degli Erhard ». Il sig. Carlo De Meglio napolitano volle anche egli per il primo addivenire fabbricante Il sig. Breazzano, fabbricante di strumenti di pianoforti di questa Capitale; e quantunque di scarsi mezzi fornito , pure decorosamente vi riusciva, perchè non difettava nè d' ingegno nè di volontà. I primi suoi strumenti che presentava nella Esposizione del 1828 venivano con plauso accolti, e premiati con medaglia d'oro; e pari segni di approvazione, e d'incoraggiamento riceveva in quella del 1838. Egli però non si limitava ad imitare soltanto quanto nell' estero di perfetto si facesse; ma nuove disposizioni e nuovi congegnamenti ideava perchè i suoi pianoforti meglio avessero potuto rivaleggiare con quelli che dall' estero si facean venire. Era per ciò che nel 1840 meritava anche brevetto di privativa. Ora di questo nostro antico costruttore vedevamo un pianoforte di legno palessandro, del valore di 450 ducati. Era sul sistema di Broadou, al di cui meccanismo avea fatto giudiziosamente delle aggiunzioni per renderne la fastiera più solida, e più durevole l'accordo. Il movimento di questa era perfettamente eguale, e la voce dell' istrumento robusta e flautata; requisiti fondamentali per un buon pianoforte. Pianoforte del signor Giacomo Aveva il Pape in Parigi adattato per il pri mo sopra o sotto la cassa de' suoi pianoforti alcune sbarre di ferro, e ne otteneva effetti maravigliosi; ma per cagione del loro peso, difficile rendevasi il trasporto dello strumento. sig. Sievers da Pietroburgo applicando per il primo presso di noi questo sistema, sapeva agli altri pregi de' suoi ricercati strumenti riunire quello della leggerezza. Imperocchè nelle connessioni laterali della tavola armonica e della cassa egli metteva spranghe di ferro fuso del peso non più di trentasei rotola diligen temente combinando la forza del legno con quella del ferro, e procacciando nell' interno della cassa tai vuoti da renderne il suono perfettamente armonioso. Non si ristava però il Sievers da queste prime modificazioni apportate al congegno del Pape; ma fin dal 1838 concorreva recando in mostra un pianoforte dotato dell'altra non meno interessante innovazione della percussione inversa. Questa consisteva nell' essere i martellini situati con metodo inverso dall' ordinario, disposti cioè in guisa da percuotere dalla parte superiore, e, qualunque fosse la forza premente il tasto, battere il martello sempre la corda al medesimo punto; ond' era che mai non si alteravano le proporzioni volute dalla teorica delle vibrazioni sonore, che stabilisce la lunghezza della corda, la sua doppiezza, ed il punto dove debb' esser tocca per aversene il maggiore e più gradevole suono. Questa percussione per altro de' martellini da su in giù, a guisa di un collo di cicogna, era nota sin dal tempo del defunto Conte Stanhope, il quale adattolla al suo gran pianoforte a corde d'acciaio. Fu poi abbandonata sino a che non si vide risorgere in Parigi per le cure del prelodato Pape, che sommamente ne migliorò la meccanica, perfezionata posteriormente anche di più dal nostro Sievers. Le quali innovazioni essendo state sommamente plaudite, una medaglia di oro rimeritava l'ingegnoso costruttore delle sue fatiche. Proseguendo egli con crescente alacrità a menare innanzi il suo opificio, nel 1850 un Real Brevetto di Privativa lo guiderdonava per la invenzione di un nuovo meccanismo di tastiera applicabile ai pianoforti verticali, ben diverso, e molto più interessante di quello del Roller generalmente adottato, nonchè di quelli di Brodword, di Pleyel, e di Erhard. Il gran pianoforte intanto da lui esposto non ismentiva l'acquistata riputazione. Era di legno palessandro bellamente fregiato di semplici intagli: il fondo armonico, comunemente detto tompagno vi era messo di traverso ; il che, giusta la dottrina dei piani risuonanti, molto contribuiva a renderne la voce magicamente flautata e robusta : e la tastiera della estensione di sette ottave, alla solidità di costruzione aggiungeva quella squisita cedevolezza, che giustamente si richiede per ben eseguire le sonate di agilità. Avendo perciò il valentissimo Sievers riunito nel suo istrumento tutti i pregi per qualificarsi ottimo, sentiamo il debito di congratularci con lui per averci dato un novello argomento del suo distinto ingegno e della sua operosità. Ad onta però delle crescenti nostre fabbriche, e dei pregevoli strumenti che vi si costruivano, i pianoforti tedeschi venivano dalla generalità preferiti per la estrema semplicità del loro meccanismo, e quindi pel basso prezzo. Questa semplicità però facca desiderare uno scappo obbligatorio, e quindi un colpo più forte, sicuro e vibrato; onde il Sievers ogni cura si dava per render la tastiera dei pianoforti orizzontali, detti comunemente a coda, di semplice costruzione e di sicuro effetto. Egli perciò ideava all' uopo una specie di scappo, il quale giustamente apprezzato nel 1851 dal Reale Istituto gli procurava la proposta del Brevetto d'invenzione. In questo nuovo scappo la molletta era più forte della consueta per lasciar cadere il martello da una specie di pivolo allo stesso soprapposto, ed all'oggetto registrato a vite. Ora al muoversi Pianoforti dei signori fratelli Müller e Peisig. del tasto, piano o vibrato, scappando costantemente il martello, le corde ne venivano in corrispondenza percosse, ed i toni e l'armonia ne risultavano quindi completi e positivi. Ma dovendosi la tastiera piazzare sotto la tavola armonica vi mancava il luogo soddisfacente, e le solite catene di legno incollate sotto la tavola impedivano di adattarvi il nuovo meccanismo queste catene d'altronde non potevano togliersi, dovendo servire di spartimento alla vibrazione, e dar forza e soe dar forza e sostegno, acciò, come dicesi, le corde cantino di sopra. Quest' altre difficoltà venivano nel più semplice modo superate dal nostro costruttore, il quale nulla togliendo o aggiungendo, e senza ledere gli effetti armonici dello strumento, raggiungeva lo scopo fissando le catene dalla parte superiore della tavola armonica, rendendone così più facile ancora la costruzione, e meno imbarazzante il congiungi mento colla cassa. I rinomati costruttori Pleyel ed Erhard avendo saputo giudiziosamente ovviare ai notabili difetti delle antiche tastiere de' pianoforti orizzontali, le loro invenzioni tanta rinomanza acquistarono, che quasi tutti gli strumenti che ci vengono dall' estero, o che si costruiscono in Napoli, hanno le tastiere secondo il sistema dell'uno o dell' altro. Risultando però queste dalla combinazione di molti piccoli pezzi, ciascuno de' quali è destinato ad uno speciale uffizio, e che si metton tutti complessivamente in azione ad ogni minimo movimento del tasto; ne risulta, che le tastiere così costrutte per la loro complicazione costan molto, si guastano facilmente, e malagevole ne riesce la riparazione. Intenti i fratelli Müller ad escogitare un nuovo sistema, che ai pregi di quello di Erhard, aggiungesse semplicità, faciltà di esecuzione, solidità, ed economia, felicemente vi pervenivano. Tutto il congegno infatti dei Müller non consiste che nel munire il tasto di una specie di leva zancata, la quale mentre con un estremo spinge la martellina da sotto in sopra contro la corda, coll'estremo opposto limita l' ampiezza de' suoi movimenti. La martellina, essendo articolata su di un punto stabile, urtata appena la corda, ricade pel proprio peso; e mentre allora il riprenditore, situato verso l'estremo del tasto, la fissa nel suo posto, una piccola molla rimette la leva nelle pristine condizioni per poterla riurtare. L'eper poterla riurtare. L'estremo poi del tasto funziona da potenza contro una leva di seconda specie che l'è di rincontro, la di cui resistenza è espressa dallo smorzo che si muove perciò da sotto in sopra. Epperò movendosi il tasto, mentre la martellina è spinta contro la corda, con minima forza lo smorzo ascende, libera la corda, e la rende capace di suonare; ma nel rimettersi il tasto, lo smorzo immantinenti ricade, e spegne nella corda le impresse vibrazioni. Questo nuovo sistema essendo stato riconosciuto dal Reale Istituto di positivo vantaggio per un istrumento divenuto ora di uso generale; il munificente Monarca sin dal 1850 ne guiderdonava gli inventori con Brevetto di Privativa. Tutto il pubblico ancora apprezzava il merito dei Müller nei tre pianoforti da essi recati in mostra, due dei quali erano orizzontali per concerto, ed il terzo verticale. I primi distinti per la voce sonora non lo erano di meno per la straordinaria docilità delle tastiere, di sette otlave, come costrutte secondo il loro sistema, che dicono a doppio registro; onde non poche parole di lodi venivan rivolte ai valenti costruttori da tutti coloro, che dell'arte divina della musica eran sapienti. Pianoforti del signor Vincenzo Mach, e Compagni. La fabbrica del signor Mach già godea presso di noi una lusinghiera riputazione ; ed egli sapea confirmarsela con gli applauditi pianoforti che al pubblico esame esponeva. Il primo gran pianoforte orizzontale di concerto, se pel suo esterno richiamava l'attenzione di quanti visitavano quelle sale, essendo di palessandro elegantemente ornato di legno rosa, lo era molto più per la interna sua costruzione. Il meccanismo infatti della tastiera, della estensione di sette ottave, era sul sistema di scappamento alla Pleyel; avea tre registri di corde, e le così dette barre armoniche, nuovo sistema inglese di Tacchè ed Agraff, riconosciuto utilissimo per la nettezza della voce, e pel giusto accordo. Ad assicurarne poi la stabilità egli ne foderava il pancone con cinque sbarre e cordiera di ferro prolungata. Il secondo pianoforte anche a coda, ma di piccola dimensione, era di palessandro con ornati alla rococò, e piedi di ebano e legno rosa. L'interno meccanismo era sullo stesso sistema del precedente; egli però vi avea applicata una nuova modifica inventata a Parigi, vi avea fatto cioè le gi, vi avea fatto cioè le forchè di metallo con le viti a pressione. Un' altro verticale, obliquo, di legno di mogano moschettato, e bassorilievi di ebano massiccio, avea la tastiera di sei ottave e tre quarti, con meccanismo secondo le ultime modifiche francesi, e tre registri di corde. Abbenchè questo strumento nulla avesse offerto di nuovo, pel tuono di voce però, e per la perfetta ese cuzione degnamente figurava fra gli emuli suoi. Anche un altro, detto per studio, studio, dello stesso legno mogano, con intagli di ebano, e col meccanismo alla tedesca, reputavasi dello stesso merito del precedente. Un quinto pianoforte, in fine, a mezza coda, di legno mogano, con la tastiera di sei ottave e mezzo, secondo il recente meccanismo di Vienna utilmente innovato dal costruttore, e col pancone fortificato da barre di ferro, per eleganza, lavorio, e bontà non era secondo agli altri. Epperò i giusti encomii che dalle persone intelligenti si largheggiavano al sig. Mach, lusingavano abbastanza le cure e le sollecitudini ch'egli spende per l'incremento della sua fabbrica. Pianoforti del signor Giorgio Helzel. Uno dei più antichi fabbricanti stabilitosi in questa Capitale è fuori dubbio il sig. Helzel padre i di cui pregiati lavori venivano nelle Esposizioni del 1832 e 1842 premiati con medaglia di argento. Nella mostra che descriviamo egli esibiva tre pianoforti, il primo de' quali era orizzontale, di legno palessandro lavorato ad archetti, ed intarsiato con filetti di ottone e legno rosa. La cassa era munita di sbarra, e cordiera di ferro dorato. Il meccanismo della tastiera era alla Pleyel, avente però l'attacco dei martellini congegnato in modo, da poterli facilmente togliere senza disfare la tastiera; al che l'ingegnoso costruttore aggiungeva ancora una vite con bottone per fare che il tasto potesse più o meno affondare a piacimento del suonatore. Il secondo, costrutto sullo stesso sistema, ne differiva soltanto per la esterna impellicciatura della cassa, che era di legno rosa d'America. Il terzo anche a coda, ma di piccolo modello, si raccomandava pei belli ornati di palessandro. Il sig. Helzel per questi lavori non andava esente di giusti elogii. Pianoforti del signor Giovanni Schimd. Non recherà più meraviglia il veder tanto moltiplicati i costruttori de' pianoforti, e tutti intenti a modificarli e perfezionarli, se riflettasi che la moda forse piucchè il gusto per la musica gli han resi di un uso così generale da potersi riguardare come mobili di una ben messa casa anzicchè come istrumenti. Tra le tante modificazioni apportate ai recenti istrumenti, quelle attenenti alle tastiere non sono certamente le meno interessanti; imperocchè sonosi resi più atti alle sonate di forza e di agilità. Tra queste utili rettifiche è notabile quella giudiziosamente recata dal sig. Schimd, per la quale il Reale Istituto fin dal 1850 proponeva in di lui favore il privilegio della Privativa. Lo scopo che l'ingegnoso costruttore si proponeva di raggiungere, era quello di costruire una tastiera, che ai pregi delle più accreditate, tale semplicità avesse riunito da renderne difficile il guasto, e sì tenue il prezzo da agevolare l'acquisto di un buon istrumento. Egli felicemente vi perveniva aggiungendo all'estremo del tasto un pezzo apparentemente informe, ma conformato in modo da poter esso solo supplire ai molti pezzi degli altri sistemi. Per l'uso a cui è destinato non è che quasi una leva di terza specie avente il fulcro sul tasto, la potenza espressa da un puntello stabile che la spinge indietro per liberare la martellina, e farla ricadere; e la resistenza nella stessa martellina agente nel suo estremo. La martellina poi è anche una leva |