2o qualche utile innovazione nel modo di costruire; 3o la importanza commerciale della fabbrica; 4° la comparativa mitezza del prezzo dei manufatti. Ciò premesso, è da dirsi che tutti i generi degli strumenti musicali, e quasi tutte le specie che li compongono, dal più al meno, sono rappresentati nella nostra Esposizione. Nel render conto di tutti questi strumenti, per amor di chiarezza verranno essi riuniti nei seguenti gruppi: Strumenti a tastiera; Strumenti a corde, ad arco ed a pizzico; Strumenti a fiato, detti comunemente di legno; Strumenti a fiato, detti comunemente di ottone; Strumenti a percussione o, come dicono, a colpo. Che la fabbricazione dei piano-forti acquisti vasto e buono sviluppo in Italia, è cosa interessante tanto artisticamente quanto economicamente. Ognuno sa qual consumo si faccia in oggi tra noi di tali strumenti, quanto rilevante ne sia il prezzo, quanto comparativamente breve la durata. Ora è un fatto che la massima parte di tali strumenti si traggono tra noi dalle fabbriche francesi e tedesche. Lasciando anche da un lato ogni considerazione di nazionale amor proprio, e senza rinunziare dall' altro ai più estesi principii di libertà commerciale, non si può a meno di desiderare che la nostra industria, cui non ne manca la potenza, si ponga presto in grado di supplire essa stessa a tale immenso consumo, e che fiorente risorga questa manifattura fra noi. Nè a caso dicemmo che una tal manifattura risorga: infatti il moderno piano-forte non è che una trasformazione del vecchio clavicembalo, ed è noto qual fama godessero nella fabbricazione di tali strumenti gli antichi costruttori italiani. Se vero fosse ciò che accennano alcuni scrittori, parrebbe che la idea prima di sostituire un martelletto al salterello impennato, per mettere in vibrazione le corde, sorgesse in Italia e fosse più antica di ciò che comunemente si crede. Sia di ciò che si voglia, è certo che la idea non passò nel dominio della pratica fino ai primordi del secolo XVIII per merito di Bartolommeo Cristofori padovano, che taluno ha pur chiamato (non so perchè) Cristoforo fiorentino. Quanto fece in Italia il Cristofori, fecero in Francia il Marius, in Germania lo Schröder. Anche l' Inghilterra intraprese una tale fabbricazione, e sulla metà del secolo XVIII, come attivissima era in Germania la fabbrica del Silbermann, così lo era in Inghilterra quella dello Zumpe. Fu solo dopo il 1770 che in Francia intrapresero la fabbricazione i fratelli Erard, che, quantunque tardi venuti, la portarono presto a tanto alto grado di perfezione. Tutto ciò nonostante, è pur certo che la fabbricazione dei piano-forti si mantenne fiorente anche in Italia fin verso i primi anni del secolo in cui viviamo. Ma poi, per l'andazzo dei tempi e degli eventi, più forse che per colpa degli uomini, cessò essa del tutto. Lode dunque a coloro che spendono capitali e talenti dietro uno scopo così desiderabile, quale è quello di fare che questa industría risorga vivace tra noi. Diciotto sono i fabbricanti ed espositori di piano-forti. Dai dati statistici offerti da una dozzina di questi, che bene o male hanno pure con una sufficiente larghezza risposto ai quesiti, che sull' importanza commerciale delle loro fabbriche vennero posti nei bullettini, converrebbe ritenere che le fabbriche stesse producessero dai sei ai settecento piano-forti all' anno, per un valore commerciale annuo dalle sei alle settecentomila lire. Quantunque tutto ciò non sia molto, non è tampoco un risultato da disprezzare per una manifattura generalmente incipiente. Ed è poi confortante il vedere che li strumenti esposti sono, generalmente parlando, di pregio. E però da dirsi, come generale osservazione, che pochi tra questi fabbricanti costruiscono intieri nelle loro fabbriche i piano-forti, traendo i più dall' estero, oltre le corde, anche dal più al meno i pezzi del meccanismo. Nè di ciò si vuole alla fin fine dar loro soverchio appunto: la è in fatti principalmente una questione di tornaconto; poichè, nelle condizioni attuali dell'industria, una fabbrica non può prosperare commercialmente se non è impiantata dietro il principio della divisione del lavoro, nè può convenire ad un fabbricante impiegar capitali nell' acquisto di macchine e nel mantener lavoranti per certi lavori speciali, se la sua fabbricazione non è tanto estesa da impiegare quegli uomini e quelle macchine tutto l'anno. Ciò premesso, ecco la opinione della Sezione intorno a tutti i piano-forti che figurano in questa Esposizione italiana. 1. Lachin Niccolò di Padova, ha esposto un piano-forte a coda di 7 ottave, con cassa di mogogon del prezzo di lire 2100. Assai buono è questo strumento, che ha bassi eccellenti, voce di bella eguaglianza, ed un meccanismo d'intiera fabbricazione dell' esponente, il quale corrisponde appieno a tutte le esigenze dell' arte. Questo strumento è specialmente notabile per una triplice smorziera. Dicesi che questo fabbricante, oltre al costruire per intiero i pezzi del meccanismo nella sua fabbrica, ne faccia anche commercio con l'estero. A questo espositore pertanto la Sezione propone il conferimento della medaglia. 2. Sievers Ferdinando, avente fabbrica a Napoli, ha esposto due piano-forti a coda ed uno verticale. Il primo, di 7 ottave, con cassa in palissandro, e del prezzo di lire 2000, ha tastiera unita, buona voce e sufficientemente sonora, quantunque i martelli sieno impellati anzichè guerniti di feltro come oggi comunemente si pratica. Il meccanismo è francese, ma fabbricato appositamente e modificato in parte dietro invenzione deldell' espositore. Il secondo, di 6 ottave e 314 e del prezzo di lire 1560, per la costruzione è simile al primo, ma è sembrato alla Sezione di qualità un poco inferiore. Il piano-forte verticale, con cassa di palissandro del prezzo di lire 1130, ha voce buona, ma la Sezione non è rimasta perfettamente contenta del meccanismo. Tenuto conto del complesso dei prodotti di questo fabbricante, la Sezione lo reputa meritevole del conferimento della medaglia. 3. Helzel Giorgio, avente fabbrica in Napoli, ha esposto un piano-forte a coda di 7 ottave, con cassa di palissandro, del rezzo di lire 1500. Questo strumento ha voce, se non in ogni sua parte unitissima, buona per altro in modo da poterlo qualificare come uno strumento degno di nota. Un altro piano-forte simile al primo, esposto pure da questo fabbricatore, possiede una sonorită di carattere alquanto più dolce di quella dell'altro. Ambedue questi strumenti hanno il meccanismo francese, ma con speciale modificazione per regolare l'alzata del martello. Anche a questo fabbricante, opina la Sezione, che possa concedersi l'onorificenza della medaglia. 4. Colombo Angelo Cesare di Milano. Di questo fabbricante sono esposti due piano-forti verticali del prezzo di lire 1800. Uno è un piano-forte avente il piano armonico inclinato dall' indietro all'innanzi. Il lato tergale della cassa può aprirsi a piacere con un pedale per dar luogo a maggiore espansione di sonorità. Questo strumento è sembrato alla Sezione invero eccellente, notevole per buona costruzione e buonissima voce, tanto da stare a pari con un buon piano-forte a coda. L'altro piano-forte, avente il piano armonico verticale ed una smorziera indipendente dai tasti e di nuovo modello, quantunque nel resto analogo al primo, e comecchè pur sempre buono, è sembrato di merito alquanto inferiore. Oltre l'elogio che meritano i piano-forti di questo fabbricante, grandissima lode merita esso personalmente, perchè in luogo di contentarsi come molti fanno di copiare le opere altrui, ha studiato e studia con zelo illuminato e costante per modificare il meccanismo e la costruzione, in modo che i suoi prodotti abbiano la maggior perfezione ed un carattere di personale originalità. Di qui l'impegno nell'immaginare nuove intelaiature di ferro per conferire solidità allo strumento; di qui quello per trovare un meccanismo semplice e ben regolato per l' alzata dei martelli; di qui quello inteso ad ottenere che lo sforzo dell'armatura sia equabile in ogni sua parte e che la tensione delle corde corrisponda in ogni parte alla loro scalata grossezza, e così via discorrendo. Senza fermarsi a dissertare indagando in qual precisa misura il Colombo abbia raggiunto finora il multiforme oggetto dei suoi lodevoli studi, la Sezione lo crede per certo meritevolissimo del conferimento della medaglia. 5. Mach Vincenzo, avente fabbrica in Napoli, ha esposto quattro piano-forti. Il primo di 7 ottave, a coda, con cassa di mogogon, del prezzo di lire 1250, ha buoni bassi, voce di bel carattere ma non molto espansiva, e si presta assai bene alla esecuzione. Il meccanismo è immaginato sopra un sistema misto italiano e francese. Gli altri tre piano-forti sono verticali: il primo è di 7 ottave con cassa di mogogon, del prezzo di lire 1500, a corde dritte: il secondo è mezzo obliquo, con cassa di palissandro, del prezzo di lire 1000: il terzo è obliquo, del prezzo di lire 2000. Il meccanismo è francese; la voce è piuttosto buona, ma difetta di sonorità. La Sezione, in vista del merito del primo di questi piano-forti, crede che possa conferirsi al Mach l' onorificenza della medaglia. 6. Aymonino Giacinto di Torino, ha esposto tre piano-forti verticali: uno a corde oblique del prezzo di lire 1400; uno a corde dritte del prezzo di lire 700; uno simile con cassa di castagno naturale, che egli chiama pianino da studio, del prezzo straordinariamente mite di lire 380. La voce di questi strumenti è buona, buone le tastiere, e buonissima in ispecie quella del annoverarsi tra i buoni piano-forti verticali. suddescritto pianino, e tutti tre sono da | poichè mentre tutti concordavano che al Stando alle indicazioni del bullettino, la fabbrica di questo espositore deve ritenersi come la più importante per la estensione della manifattura, avendo denunziato una fabbricazione di 235 piano-forti all'anno. Pur nonostante egli dichiara che è obbligato a provvedersi dei pezzi del meccanismo in Francia, non potendo aver convenienza ad intraprenderne esso stesso la costruzione, finchè non abbia raggiunto una fabbricazione di 500 piano-forti all'anno. L' Aymonino ha esposto pure un armonium della sua fabbrica, ma di questo sarà parlato più specialmente in appresso. La Sezione crede questo fabbricante meritevole della medaglia. 7. Maltarello Vincenzo di Vicenza, ha esposto un piano-forte a coda di 7 ottave, con cassa di palissandro. La voce di questo strumento è sembrata piuttosto disuguale e stridula; il fabbricante peraltro merita, a senso della Sezione, onorevolissimo ricordo, perchè il meccanismo, notevole per la solidità, è costruito intieramente nella sua fabbrica, con nuovo ingegno per regolare l'alzata del martello. E tanto maggiore elogio merita questo fabbricante, per avere intrapreso fra noi anche la fabbricazione dei féltri pel guarnimento dei tasti. 8. Fummo Antonio di Napoli, espose, sotto il titolo di piano-melodium, un piano forte a coda congiunto ad un armonium, del prezzo (secondo la denunzia sul bullettino) di lire 4500, ridotto però nell' atto dell' avvenuta vendita a sole lire 4000. Il piano-forte ha voce di buon carattere e tastiera scorrevole, senza che per altro presenti qualità straordinarie. Il melodium o armonium che vogliasi, ha due buoni registri (flauto e violoncello): gli altri nol sembrano: ma l'apparatc pneumatico non pare ben calcolato, perchè lo strumento riesce, come suol dirsi, asmatico. L'armonium è incastrato tra i piedi anteriori del piano-forte, di maniera che la tastiera di questo rimane a modo di gradinata continua superiormente a quella dell'altro. Per poter poi servirsi dei pedali del piano-forte, ne è modificato il movimento in modo, che se ne pone in azione il congegno con uno sforzo laterale dei piedi contro le teste di due ordigni, situati in mezzo e al di sopra dei pedali dei mantici dell' armonium: così il suonatore può servirsene senza cessare di alimentare il serbatoio dell' apparato pneumatico. Intorno a questo duplice strumento la Sezione si è trovata alquanto discorde: Fummo si dovesse incoraggiamento e lode, perchè nel portare ad atto un'idea di per sè stessa non nuova, aveva studiato ed immaginato mezzi di attuazione diversi da quelli praticati da altri, e perchè con la congiunzione dei due strumenti ha raggiunto un complesso di piacevole effetto, specialmente se il duplice strumento sia suonato da chi sappia farne brillare i pregi e dissimularne i difetti, altri volevano che si proponesse al Fummo anche il conferimento della medaglia. altri che si stasse contenti alla menzione di lode indicata di sopra; e questi ultimi, che in fine costituirono la maggioranza, appoggiarono questa loro opinione specialmente alle seguenti considerazioni: vale a dire Che nel lavoro del Fummo, anzichè l'unione dei due strumenti, non se ne ha per vero che una semplice giustapposizione; che volendo suonare il piano-forte soltanto, il suonatore è costretto a stare in una posizione incomoda e sgradevole, con le braccia in avanti protese; che a questi difetti conviene portare un rimedio facendo che i due strumenti sieno veramente ed intimamente congiunti: vale a dire facendo in modo che la tastiera dell' armonium possa mandarsi sotto a quella del piano-forte, e che le due tastiere possano suonarsi a piacere congiunte o disgiunte, come suol praticarsi sugli organi a più tastiere. 9. Stancampiano Francesco di Palermo, ha esposto un piano-forte a coda a 7 ottave, con cassa di palissandro. Quantunque questo strumento non sembri alla Sezione dotato di qualità straordinarie, pure è di buona costruzione, e lo Stancampiano è da lodarsi per lo zelo e le cure intelligenti che, a quanto ne vien detto, ha spese per arricchire anche la Sicilia di questo genere di fabbricazione. 10. Berra Giovanni di Torino, espose un piano-forte verticale, mezzo obliquo, a 7 ottave, con cassa di palissandro, del prezzo di lire 800, ed altro del prezzo di lire 550. 11 meccanismo è sembrato francese: il suono è piuttosto buono, tantochè la Sezione opina che questo fabbricante debba essere mentovato con lode. 11. Stucchi Luigi di Milano, espose un piano-forte verticale di forma bassa, del prezzo di lire 1000. La voce di questo strumento apparve alla Sezione assai buona; buonissimi i bassi, e se gli acuti fossero alquanto migliori, questo piano-forte potrebbe considerarsi fra i buonissimi: cosicchè sembra alla Sezione che questo fabbricante, anch'esso perseverante e zelantissimo nel far progredire la costruzione, debba esser rammentato con lode. 12. I Fratelli Berzioli di Parma, esposero un piano-forte verticale retto, del prezzo di lire 1400, ed altro a corde oblique del prezzo di lire 1300. Questi pianoforti, bellissimi come mobili, sono sembrati alla Sezione non elevarsi straordinariamente per le qualità musicali. 13. Giordani e Gherardi di Parma, hanno esposto un piano-forte a coda di 7 ottave, con cassa di palissandro filettato, del prezzo di lire 2200, ed un piano-forte verticale a 7 ottave con ponticello, di sistema diverso dall'ordinario, del prezzo di lire 2300. Anche questi strumenti sono della maggior bellezza, senza che però le qualità musicali sembrino elevarsi al di sopra dell' ordinario. 14. I Fratelli Reali di Firenze, hanno esposto tre piano-forti verticali; uno obliquo, con cassa di mogogon del prezzo di lire 850, uno retto con cassa di noce d'India, del prezzo di lire 580, l'altro con cassa di magogon, retto anch'esso e del medesimo prezzo. Questi strumenti, di buon aspetto e di prezzi moderati, se non sembrano alla Sezione elevarsi molto sopra alla mediocrità, meritano commercialmente una qualche considerazione. 15. Casotti Giovacchino di Livorno, ha esposto un piano-forte a coda di 7 ottave, con cassa di mogogon, del prezzo di lire 1200. Se il prezzo è modico, lo strumento non è sembrato alla Sezione che agguagli in tutto le odierne esigenze dell'arte. 16. Pini Luigi di Firenze. La fabbrica del Pini è del tutto incipiente: la Sezione dunque non sarà troppo severa verso il piano-forte verticale a 7 ottave, del prezzo di lire 600 da questa fabbrica esposto, tanto più in vista del prezzo piuttosto modico. 17. Marini e Braccini di Livorno, hanno esposto un piano-forte verticale retto, con cassa di mogogon, del prezzo di lire 800. Questi costruttori, nuovi tuttora nella costruzione, conviene che continuino ad esercitarvisi, prima di poter dare su loro un giudizio. 18. L'ultimo piano-forte di cui si abbia a tener parola, è un piano-forte verticale esposto dall'ingegnere Valentino Arnò di Torino. Questo strumento non è fabbricato dall'esponente, ma per lo contrario è costrutto assai bene dal Roesler per conto dell' Arnò, ed all' effetto di applicare alla pratica certe sue speculative invenzioni. Presenta questo piano-forte due particolarità: 1° è un piano-forte traspositore, del quale facendo scorrere con facilità la tastiera da sinistra a destra, o da destra a sinistra, si ottiene che venga spostata di per sè la musica che vi si ese guisce, da uno fino a dodici semituoni, sopra o sotto al tuono in cui essa è scritta: 2° è un piano-forte, la cui tastiera ha i tasti tripartiti nella loro lunghezza anzichè averli tali quali sono nelle tastiere usuali. La prima parte dell' invenzione è di patente utilità, e potrebbe riuscire assai comoda quando fosse applicata ai piano-forti da accompagnamento; la seconda, quando fosse adottata, rovescerebbe affatto l'attual sistema del suonare e del digitare. Intorno a questa, per altro, la Sezione ha creduto doversi astenere dal proferire un giudizio, tanto perchè non era intorno ad essa ben chiara, quanto ancor più perchè secondo il tenore di una memoria a stampa con la quale dal signor Arnò fu accompagnata la esposizione del suo strumento, apparisce non averlo neppure esposto a questo effetto. I bullettini annunziavano due piano-forti del fabbricante De Meglio di Napoli, ma la Sezione avendone fatto ricerca, le fu detto non essere pervenuti all' Esposizione. Diversi dei fabbricanti, dei quali è stato tenuto discorso, hanno proposto pel premio alcuni loro operai: per altro essendo le proposte molto generiche, la Sezione si è trovata in qualche imbarazzo nel deciderne l'accoglienza, ed ha dovuto limitare le sue proposizioni a favore di coloro, dei quali la cooperazione ai lavori esposti le è sembrata maggiormente patente e dimostrata. Tali sono Schoën Ferdinando, egualizzatore nella fabbrica dell'Aymonino, e Carlo Colombo, capo di una delle due fabbriche A. C. Colombo e C. Esaurito, come meglio si potè, l'esame dei piano-forti, passerà la Sezione a quello degli organi, cominciando da quelli ad ancie libere, per iscendere in seguito a quello degli organi comuni. Organi ad ancie libere. L'organo ad ancie libere è strumento d'invenzione moderna. Vero è che anche agli antichi sembra non fosse ignota la facoltà sonora delle ancie libere, o vogliam dire delle linguette, poste da una corrente aerea in vibrazione non contro gli orli, ma liberamente fra gli orli stessi di un foro longitudinale, della figura stessa della parte vibrante delle linguette, e praticato in una placca, contro la quale il loro piede è fermato. E però dovuta soltanto alle pazienti indagini del Grenié, che lunghi anni e cure andò spendendo per trovar modo di render l'organo, come suol dirsi, espressivo, la osservazione che queste linguette, mentre godono la facoltà di graduare l'intensita del suono in proporzione destinata a farle vibrare, non soffrono alterazione sensibile nella intuonazione. Profittando di questa duplice facoltà, immaginò il Grenié, verso il 1810, di servirsi esclusivamente di questa sorta di linguette per la costruzione degli organi, sostituendole alle ancie battenti nella costruzione delle canne, e rendendo degli organi stessi variabile a piacere l'intensità sonora col variar la pressione dell' aria destinata ad alimentare il loro apparato pneumatico. della variata intensità della corrente aerea Malgrado il favore con cui sulle prime fu accolta la proposta del Grenié, restò essa in fatto trascurata per molti anni, e solo dopo un ventennio la industria se ne impadroni, abbandonando però le canne ed applicando le ancie a placche tabulari convenientemente forate. Sorse così la industria del costruire piccoli organetti manuali, che vennero in commercio sotto il nome di accordeon, perchè simultaneamente ad ogni suono della loro scala risuonava un accordo; ampliati questi, tolto alla scala l'accompagnamento di una prestabilita armonia, convertiti in compiuti strumenti a tastiera, furono chiamati con diversi nomi, dal più al meno grecizzanti, e comunemente sotto quello di fisarmonica. Tutti questi strumenti poi, dalla facoltà loro di graduare a piacere l'intensità del suono, furon detti genericamente organi espressivi. Se la fisarmonica nella sua nuovità parve dilettoso strumento, la qualità smilza e ronzante del suono non tardò a renderla uggiosa. Ond'è che valenti fabbricatori, vedendo ciò dipendere tanto dall' essere le linguette sottoposte all'immediata azione dei mantici, quanto dal non rispondere alla tastiera che un ordine solo di linguette suonanti, pensarono d'interporre una cassa serbatoio di serbatoio di aria compressa tra le lin 0 guette ed i mantici (cui per similitudine fu dato il nome di pompe, come al serbatoio quello di conserva), e di aumentare gli ordini delle linguette suonanti per ogni tasto, o vogliam dire i registri dello strumento. Questi strumenti così modificati, presero il nome speciale di armonium melodium. Furon cauti i fabbricatori, ed ebber ragione, di conservare, per mezzo di speciali meccanismi, al suonatore la facoltà di agire a sua posta come volesse, o direttamente coi mantici sulle linguette, o indirettamente con l'intermezzo del serbatoio, e di accoppiare o alternare a piacere i diversi registri suonanti. Questo cenno porge alla Sezione il destro di dirigere un voto ai costruttori italiani: vale a dire, che vogliano rivolgere il loro ingegno a trovar modo che questi meccanismi possano dominarsi dal suonatore o coi piedi o coi ginocchi, anzichè per mezzo di tiranti a mano, come adesso dagli oltramontani si pratica, obbligando il suonatore a staccare non senza sconcio, e mentre suona, una mano dalla tastiera. Premessa la soprascritta narrativa all'effetto principalmente di esprimere questo desiderio, non staremo a far lungo discorso dell'invenzione del Martin, che nel 1842 corresse la tardanza di questi strumenti nell'attacco dei suoni, mediante un meccanismo di percussione, nè dell' aggiunta che alcuni costruttori vi fanno di un registro di tremolo, che consistendo piuttosto che in un vero tremolo in una sollecita ripercussione dei suoni, se per un momento per la sua bizzarria può sembrare piacevole, alla lunga riesce e non può riescir che noioso. Sorta da pochi anni questa fabbricazione oltremonte, non è da far le meraviglie se trovasi tuttora ristretta fra noi. Cinque o sei, se voglia dirsi, sono coloro che esposero di questi strumenti; essi generalmente non fecero che copiare più o meno felicemente la fabbricazione francese, dalla Francia traendo pur anco le ancie o linguette pei loro strumenti. Di essi tutti terremo distinta parola. 1. Pittaluga Giuseppe e figlio, di Cornegliano presso Genova, esposero un grande armonium del prezzo di lire 750, ed altro con registro di percussione e tremolo del prezzo medesimo. Questi strumenti, senza vantar nuovità di costruzione, parvero alla Sezione di sufficiente bontà per indurla a proporre ai fabbricanti la distinzione della medaglia: lo che la Sezione stessa fa tanto più volentieri, che, per quanto vien detto, i Pittaluga fabbricano pur anche le ancie nella manifattura da essi condotta. 2. Aymonino Giacinto, di Torino, espose, come fu detto di sopra, un armonium, del prezzo di lire 700 che, senza uscire dall'ordinario, parve per altro alla Sezione un buono strumento. 3. Fummo Antonio, di Napoli, espose quell' armonium congiunto ad un pianoforte, del quale fu già parlato in addietro. 4. Pini Luigi, di Firenze, espose un armonium del prezzo di lire 600. Lavoro di una fabbrica incipiente, parve di carattere alquanto ordinario. 5. Guidotti Cesare, di Bologna, espose un piccolo melodium da suonarsi con una mano mediante una tastiera, mentre l'altra mano col mezzo di una leva pone in opera l'apparato pneumatico. Giova preliminarmente avvertire, che la parte meccanica di questo elegante strumento nulla lascia a desiderare: anche la qualità del suono è bella. Lo strumento è intitolato clarino (meglio clarinetto) armonico; da questo |